“I genitori che urlano contro i propri figli o li denigrano lasciano i loro figli maggiormente a rischio di autolesionismo, uso di droghe e di finire in prigione, sostiene una nuova ricerca.
I dati del Public Health Institute (PHI) della LJMU supportano una visione crescente secondo cui i commenti negativi e gli abusi aggressivi da parte degli adulti possono essere altrettanto dannosi per lo sviluppo di un bambino quanto altri abusi attualmente riconosciuti come la violenza e l’abbandono.
Sono più i bambini che subiscono abusi verbali nell’infanzia che abusi fisici o sessuali, e il numero di coloro che li subiscono sembra essere pari al 40% e in crescita, si sostiene.
I dati, redatti dal professor Mark Bellis, direttore del PHI, mostrano che coloro che hanno subito abusi verbali in giovane età hanno spesso una probabilità doppia o quasi doppia (19,9%) di coloro che non hanno fatto uso di cannabis (10,8%) e a quasi il doppio del rischio di finire in carcere (4,4%) rispetto a chi non l’ha fatto (2,4%).
Il professor Bellis, ha pubblicato i risultati su BMJ Open, sulla base di un campione rappresentativo di 20.556 residenti nel Regno Unito.”
“Parents who shout at their children or denigrate them are leaving their offspring at greater risk of self-harm, drug use and ending up in jail, new research claims.
The data from LJMU’s Public Health Institute (PHI), supports a growing view that negative comments and aggressive abuse from adults can be as damaging to a child’s development as other currently recognised abuses such as violence and neglect.
More children experience childhood verbal abuse than physical or sexual abuse, and the number who encounter it appears to be as high as 40% and growing, it is claimed.
The data, authored by Professor Mark Bellis, Director of the PHI, shows those verbally abused at a young age are often twice as likely to almost twice as likely (19.9%) as those who had not (10.8%) to use cannabis and at almost double the risk of ending up in jail (4.4%) than those who had not (2.4%).
Professor Bellis, published the findings in BMJ Open, based on a representative sample of 20,556 UK residents.”
Ecco qui lo stralcio di un articolo apparso su Vanity Fair 3 ottobre 2023.
Io non sono una ricercatrice, sono una mamma, un avvocato, una mediatrice familiare e una coach con una formazione in counseling umanistico.
Dico questo per motivare il fatto che di formazioni ne ho fatte tante e altrettante terapie e gruppi di parola mi sono stati richiesti per formarmi e prepararmi a lavorare con e per le persone.
Ogni volta il tema genitori, approvazione, relazione e rispetto è sempre, sempre, sempre salito alla ribalta tristemente.
Da mamma ho sbagliato tante volte, “non sono nata imparata” come si suol dire e durante il percorso di studi ho capito l’importanza di prepararsi a educare le persone e i nostri figli sono persone.
A volte pensiamo che siano solo i nostri figli ma non è così, sono persone in formazione e noi ne siamo responsabili.
Ho imparato che per educare occorre fare delle scelte, capire cosa sia meglio per il proprio figlio in base al suo carattere. È complicato, ma è un compito che abbiamo assunto quando abbiamo deciso di fare un figlio; non ci era stato detto che educarlo avrebbe richiesto molto impegno e tantissimo autocontrollo.
A essere onesti ci incitavano a diventare genitori, perché i nonni se lo aspettano… di diventare nonni, gli amici fanno figli e poi diciamocelo, è bellissimo tener in braccio quel piccolino profumato di talco e con quegli occhioni lucenti.
Si è bellissimo quando siamo riposati, abbiamo tempo, è pulito e sorride.
Ma quando piange, si è sporcato fino al collo di… e noi siamo in ritardo per andare in ufficio è tutt’altra faccenda.
Quando poi cresce e alla mattina non capisce che ci sono degli orari e non si alza, non si veste, non mangia e gioca con il cellulare è ancora più difficile, perché “siccome è grande ormai deve capire”.
Il problema è che nessuno ti prepara alle difficoltà di crescere una persona non sempre collaborativa, spesso irascibile e con esigenze opposte alle tue, che crescendo diventa sempre più richiedente in tutti i sensi.
Non solo! Diventa anche più autonomo e capace di sfidarti in modi che non pensavi nemmeno fossero di questa terra e invece sì, loro hanno risorse che tu neanche immagini, oltre che fonti piuttosto dubbie come l’amica Carletta che ha fatto e ha detto e “sua mamma è carinissima… mica come te!”
Ho vissuto momenti molto critici da madre sola (non perché divorziata ma perché il papà dei miei figli non c’è più), ho sbagliato in tutti i modi possibili e immaginabili ma ho cercato sempre di recuperare e quando ho scoperto la strada mi sono impegnata a imparare come “educere”, cioè tirar fuori il meglio da loro, da me e dalle situazioni di crisi che si creavano fra noi durante l’adolescenza, l’elaborazione del lutto e la gestione della rabbia (che poi dovevo elaborare e gestire anche io).
Oggi ringrazio quando mi dicono “Mamma scusa, ho parlato in modo troppo aggressivo”, oppure “Scusami perché so che dicendoti questo ti posso offendere ma ho bisogno di farti capire che…”.
Sono felice perché sento nelle loro parole che hanno imparato per “osmosi”, per emulazione, come è giusto che faccia un figlio. Perché hanno fatto loro che quando si parla occorre stare attenti a non offendere, a non ferire, a non gettare sull’altro la responsabilità delle nostre emozioni e al contempo occorre saper chiedere ciò di cui abbiamo bisogno, dire quello che ci fa soffrire e comunicare quanto non possiamo più sostenere o sopportare.
Se non impareranno a farlo feriranno gli altri e soffriranno a loro volta per la frustrazione di non sentirsi compresi né felici; porteranno questa incapacità nelle relazioni importanti con il partner e con i figli a loro volta.
Un genitore che chiede scusa acquisisce credibilità, autorevolezza e leadership; un ragazzo che chiede scusa è Brodo caldo per l’anima. Sbaglierà ancora tante volte, è in addestramento e lui se lo può permettere, ma noi genitori un po’ meno, noi abbiamo la responsabilità di dare il buon esempio, di insegnare come si fa guidando con l’esempio, perché i figli adottano i nostri comportamenti (o li rifiutano del tutto), ma non impareranno mai solo per quello che diciamo loro (altrimenti il mondo sarebbe perfetto, perché quasi tutti predichiamo bene ma…).
Come dice l’autore di questo studio, i figli sono geneticamente ma anche psicologicamente programmati a credere ai genitori, a fidarsi di loro e sono condizionati da noi. Se noi li insultiamo miniamo la loro immagine, la loro autostima e il nostro rapporto di fiducia. Se davanti a loro urliamo contro il partner, insegniamo loro che la relazione può essere così (anzi crederanno che è così se sarà l’unico esempio che avranno), quindi non si stupiranno di avere relazioni violente, abusanti o anche solo basate su scambi verbalmente aggressivi. Se urliamo contro di loro, li minacciamo, li puniamo, obbediranno governati dalla paura e appena possibile usciranno dalla nostra sfera di potere e controllo.
Se facciamo loro capire il perché di ciò che chiediamo, il come e soprattutto gli effetti positivi delle loro azioni, facendo loro notare tutto quello che fanno bene, aderiranno alle nostre richieste convinti che sia giusto e adotteranno quei comportamenti anche quando noi saremo lontani e non li vediamo, cosa che è per noi più importante dell’obbedienza cieca.
Io mi ritengo fortunata perché ho avuto modo di conoscere questi approcci (ho pubblicato qualche settimana addietro un articolo sulla Comunicazione non Violenta che avevo studiato al Master in Counseling), tuttavia purtroppo altri genitori non lo sanno, come dice il Professor Shanta R. Dube in un articolo pubblicato sul Child Abuse & Neglect dove troverete molto altro in materia e sullo studio che ho citato.
(Qui trovate il link https://www.sciencedirect.com/journal/child-abuse-and-neglect/vol/146/suppl/C#article-0).
È vero che pochissimi genitori sanno che dire a un bambino “sei stupido” lede la sua identità ed è corretto invece criticare il comportamento e non la persona.
Molti genitori non sanno che basta uno sguardo di disapprovazione per umiliare un bambino davanti agli amici o altri adulti, così come non immaginano che una sberla possa essere una ferita che non si rimargina facilmente (che poi diciamocelo, non è mai una nella vita).
Dal mio punto di vista non è “colpa” dei genitori che non sono stati a loro volta educati a educare, è piuttosto RESPONSABILITÀ.
Responsabilità di imparare come si può fare. Ci sono molti modi, approcci, pensieri non violenti, rispettosi, ecologici, equilibrati e comunque figli di un pensiero e di una ricerca; non è più tempo di improvvisarsi in nulla, men che meno in ciò che costituirà la spina dorsale, il cuore e la mente del futuro del mondo.
Scegliere responsabilmente che genitori essere è oggi un’opportunità di cui approfittare per crescere e sentire al contempo di aver fatto la propria parte.
Proprio oggi, una mamma che seguo in coaching ha detto al suo compagno, con grande orgoglio (mio e soprattutto suo) che stava studiando per essere la mamma migliore possibile (non perfetta ma migliore possibile).
Fatto sta che oggi è risaputo che dialogare richiede tempo ma crea relazioni solide, rispettose e amorevoli.
Sappiamo che possiamo “farci dare retta” o anche solo evitare di farci insultare dai nostri figli (perché ho visto anche rese incondizionate alla violenza dei figli sui genitori e nemmeno questo è ecologico) senza alzare la voce, senza offendere, senza punire.
A volte sbagliamo ancora, tuttavia Errare humanum est…
Dobbiamo solo iniziare il prima possibile a comprendere che ci sono parole che riteniamo innocue che invece tagliano come coltelli il cuore dei nostri figli, frasi che abbiamo sempre sentito dire come il famoso: “e gli altri compagni cosa hanno preso nella verifica?” che sono pesanti come macigni e creano il senso d’inferiorità perché il paragone è una violenza enorme, rinnegando la specificità, le doti e le fragilità del singolo.
Lo so, lo abbiamo fatto tutti finché non abbiamo saputo che facevamo danni, poi abbiamo smesso e abbiamo iniziato a chiedere: “Tu cosa ne pensi della verifica? Sei soddisfatto di come l’hai fatta e del voto? Ci sono cose che hai capito facendola? Sono domande, apparentemente più innocue che fanno riflettere e inducono a un’autoanalisi, non comparativa che porta comunque a una valutazione del proprio operato e dà a noi genitori il polso della situazione: sul fatto per esempio che nostro figlio capisca il compito, si assuma le responsabilità di quanto impegno ci ha messo e così via.
Ci sono parole che nutrono e altre che feriscono, del resto che possa “ferire di più la lingua che la spada” è conoscenza antica, e il mitico Albus Silente aveva espresso questo concetto in modo magicamente accademico: “Le parole sono, nella mia non modesta opinione, la nostra massima e inesauribile fonte di magia, in grado sia di infliggere dolore che di alleviarlo.”
Per questo quando ho letto l’articolo di Vanity Fair ho cercato di risalire alla fonte e ho scoperto che The Guardian aveva pubblicato un articolo in merito e che lo studio, portato avanti in Gran Bretagna, porta alla luce le conseguenze strazianti, davvero, delle violenze che a volte perpetriamo senza rendercene conto e nella ferma convinzione di fare il nostro dovere di genitori.
Perché io credo veramente nell’amore di un padre e di una madre che per paura di perdere il figlio in un incidente lo minacciano e lo ricattano pur di ottenere la promessa (effimera) di “andare piano in moto” o lo sgridano bruscamente se chiama per dire “papà sono in ospedale, ho fatto un incidente”. Mentre scrivo mi salgono le lacrime agli occhi perché se solo ci penso vengo presa dalla paura e dall’angoscia e so che sono proprio loro che devo tenere a bada, perché la paura, la tristezza e l’angoscia si trasformano molto velocemente in rabbia e si scaricano altrettanto frettolosamente su chi invece amiamo.
Il 16 ottobre guiderò online, insieme a Paola Cuppini, Coach e Ghostwriter, un nuovo gruppo sulla Comunicazione Ecologica, per chi vuole imbarcarsi in questo viaggio crescita ecco il link https://ilnerosulbianco.it/relazione-in-azione/,qui troverete tutte le informazioni necessarie e i contatti se volete chiarimenti, intanto grazie davvero per aver letto fin qui, ci sono ancora tantissime cose che vorrei condividere e su cui amo confrontarmi per ricevere spunti e nuove idee; la mia passione per la crescita, l’educazione e la cura della famiglia sono il motore potente che a volte mi trascina oltre…